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Intervista a Jonathan Jasberg / #URBANinsights

photo by Jonathan Jasberg, people with a car and a camel
Photo © Jonathan Jasberg


Intervista a Jonathan Jasberg / #URBANinsights

Gli #URBANinsights sono una serie di interviste e approfondimenti esclusivi dedicati ai vincitori degli URBAN Photo Awards. L’#URBANinsights di oggi è un’intervista a Jonathan Jasberg, Best Author dell’edizione 2022 del concorso: un riconoscimento per il suo talento e la forza dei suoi reportage, in particolare Cairo: A Beautiful Thing Is Never Perfect, premiato anche come menzione d’onore.


Grazie per aver trovato il tempo per parlare con noi e congratulazioni per aver vinto il premio Best Author dell’URBAN Photo Awards 2022 per la tua serie Cairo: A Beautiful Thing Is Never Perfect.
Dei 60 Paesi che ha visitato e fotografato, perché ha scelto proprio il Cairo per rappresentare il vecchio proverbio: “Una cosa bella non è mai perfetta” e non un altro luogo?
Cosa vuole che il pubblico porti via con sé o ritrovi dopo aver visto questa serie di foto?

Molte grazie a voi! La vittoria come Best Author dell’Urban Photo Award 2022 è stata un’incredibile sorpresa ed è stata un’esperienza fantastica poter partecipare parlando del progetto del Cairo, così come lo è stato partecipare a tutti i fantastici eventi del Trieste Photo Days.

Il Cairo è una delle città più affascinanti in cui io abbia mai scattato foto. Sono andato per la prima volta nel 2018 e a quel tempo non avevo in piano di iniziare un progetto fotografico a lungo termine in quella città. È stato così finché non sono tornato nel 2020, quando ho iniziato ad esplorare più da vicino la cultura e la storia dell’Egitto e ho riscoperto questo proverbio. Quest’ultimo non solo riassume perfettamente ciò che volevo rappresentare con le mie immagini, ma proviene anche dall’antico Egitto, rendendo chiaro il motivo per cui l’ho usato nel mio progetto sul Cairo.

Attraverso la spontaneità di un mix di street photography classica e contemporanea, con stili e tecniche diverse, provo a rappresentare momenti di gioia, tristezza, stravaganza e speranza. Uso di proposito composizioni complesse non solo per dare uno sguardo sulla complessità del Cairo e della vita delle persone che vivono li, ma anche per includere momenti in cui possiamo immedesimarci, che possiamo guardare sorridendo e apprezzando la bellezza e la complessità della vita che tutti noi condividiamo, nonostante veniamo da situazioni sociali differenti.

Continuo: In che modo potrebbe riassumere la cultura del Cairo e quali aspetti di quest’ultima pensa che possano essere rappresentati per comunicarla in modo che il grande pubblico la riconosca come tale?
Il Cairo è una delle capitali culturali del Medio Oriente. Per questo motivo, è molto difficile non riuscire a fare delle foto che rappresentino uno o più aspetti di questo. Anche se al giorno d’oggi la maggior parte del Paese è di religione musulmana e molte persone con abiti tipici possono essere viste ovunque, così come le meravigliose moschee che compongono lo skyline della città, ci sono comunque molti Cristiani copti. La loro cultura non solo può essere vista in aree storiche come il Cairo Copto, nel mercato dell’oro o nei quartieri come Mansheya Nasir, ma anche durante le celebrazioni cristiane che si tengono al Cairo il 7 gennaio.

Perché “una cosa bella non è mai perfetta”? Che cosa dice questo delle cose belle che sono “perfette”?
Per me il proverbio mette in discussione il concetto di “perfezione” e lo respinge. Potrebbe esistere come potrebbe non esistere. È irrilevante. La bellezza, l’amore, la vita e l’apprezzamento genuino di ciascuna di queste cose non rientrano nel concetto di perfezione, bensì nell’intera esperienza completamente libera da tale costrutto.

Dal suo punto di vista l’imperfezione trasporta gli spettatori dentro all’immagine in maniera più efficiente ed emozionale che la perfezione? Che tipo di “imperfezione” funziona meglio in un’immagine, in che modo e perché?
Le imperfezioni, qualsiasi esse siano, portano all’unicità. Per le immagini, specialmente nella street photography, le imperfezioni come le composizioni un po’ sfasate, le sfocature, le sgranature, la messa a fuoco poco nitida, danno un senso di immediatezza all’immagine. Quando fotografo, provo a non pensare mai alla “composizione” nel senso tradizionale del termine. Penso che se lo facessi le mie immagini sarebbero piuttosto piatte e noiose.

Continuo: E se estendessimo il termine “imperfezione” allo stato d’essere di un luogo, di una scena o di un popolo e dei suoi costumi, logorati dal tempo, dalle intemperie e da un mondo che cambia?
Non è importante che io mi torvi in una città moderna come Singapore, una capitale della cultura come Oaxaca in Messico o in una città antica come Il Cairo in Egitto. Mi ritrovo sempre in aree delle città che sono invecchiate splendidamente. Non solo i palazzi e i muri sono più interessanti se mostrano un secolo o addirittura un decennio di usura rispetto a quelli appena ridipinti e rattoppati, ma le persone che abitano quelle aree tendono a emanare più personalità. Si può quasi leggere la storia del luogo sul loro volto.

Un’inquadratura stratificata può non essere sempre evidente per uno spettatore per quanto riguarda le piccole storie al suo interno, le storie formate da un “prima” e un “dopo” nella scena ritratta di cui solo il fotografo è testimone.
Questo rende difficile esporre la foto al pubblico come immagine a sé stante, se non si è presenti per spiegarlo? Ha affrontato questo problema?
Provo sempre a scattare foto che non richiedano una spiegazione in più o scatti di supporto. Questo mi obbliga a pensare molto al contesto e a capire se sto includendo troppo o troppo poco perché lo scatto funzioni come vorrei. Una delle cose belle della street photography è che ciò che sembra essere evidente nell’immagine è spesso lontano dalla realtà dell’evento reale. Non è vincolata agli stessi standard etici della fotografia documentaria. L’omissione creativa del contesto e la rappresentazione di un momento in modo unico possono creare momenti che sono quasi una completa invenzione della realtà, anche se ciò che viene mostrato nell’immagine è al 100% la verità della fotocamera in quel momento. Nel mio lavoro al Cairo ci sono diversi momenti come questo in cui la realtà della scena era molto diversa da quella creata dalla mia macchina fotografica in quella frazione di secondo.

Continuo: La vita in strada è una funzione del tempo, più si rimane nei paraggi, più si rivela. E non si può restare abbastanza a lungo per conoscere tutta la verità. Per questo motivo, i fotografi si accontentano di una frazione della “verità” congelata in un fotogramma. Tuttavia, le è mai capitato di essere tentato di rimanere nei paraggi più per la curiosità di sapere cosa sta succedendo al di là della necessità di fotografarlo, per conoscere meglio la “verità”, per così dire?
Mi piace rimanere nei paraggi il più a lungo possibile. Non sono mai tanto interessato al fatto di avere lo “scatto”, piuttosto cerco di rimanere sul posto fino a che la scena non si “dissolve” oppure in rari casi mi chiedono di allontanarmi. Non mi viene in mente nessuna volta in cui non conoscevo la “verità” della scena, ma ce ne sono molte in cui ometto di proposito il contesto dallo scatto per creare la mia verità.

Una foto stratificata di una scena può funzionare ugualmente bene sia a colori che in bianco e nero? In caso contrario, qual è la differenza tra i due e quando o quale dei due consiglierebbe ai fotografi di utilizzare per iniziare a costruire cornici stratificate?
Nel corso degli anni mi sono dilettato con il bianco e nero, ma in realtà ho lavorato solo a colori. Sogno a colori e sono molto attratto da alcuni di questi, come il rosso. Sono anche fisicamente respinto da alcuni colori. Quando incontro quelli che non mi piacciono durante gli shooting, non mi preoccupo nemmeno di provare a mettere insieme uno scatto. Credo che se scattassi in bianco e nero, questo non sarebbe più un problema e potrei potenzialmente riprendere scene che attualmente ignoro. Tuttavia, il colore può essere usato per aggiungere profondità, simbolismo e atmosfera. La scelta tra bianco e nero e colore dipende dal singolo individuo ed entrambi possono chiaramente funzionare. Il mio consiglio è di mantenere le cose semplici se si lavora con il colore e di cercare di utilizzare 1-3 colori principali in un’immagine per avere maggiori possibilità di successo.

Continuo: La sua inclinazione verso il colore è dovuta alla natura di un luogo (ad esempio Il Cairo, ecc.) o di un paese (ad esempio l’India, ecc.) o di una geografia (ad esempio l’Asia) in cui il colore è parte integrante della cultura della società e della psiche della sua gente?
Sebbene sia decisamente attratto da culture, città e Paesi più colorati, anche in città come Tokyo, dove sembra che la maggior parte dei fotografi di strada scatti in bianco e nero, io continuo a scattare solo a colori. Sono un po’ assuefatto alla creazione di scatti che funzionano solo grazie alla coincidenza o alla combinazione di colori osservata nell’inquadratura.

Per far funzionare una foto stratificata, quali sono i parametri chiave che tiene a mente quando costruisce l’inquadratura? E come li classificherebbe in ordine di importanza?
Mi piace trovare sfondi puliti e dinamici su cui lavorare. Qualcosa che abbia una struttura e una varietà dimensionale come scale, tunnel, porte, ecc. in modo da poter sfruttare le cornici e la profondità dei livelli a varie altezze. Cerco anche degli ancoraggi statici da cui partire e intorno ai quali costruire. Possono essere punti di riferimento, persone fisse, strutture, ecc. Da lì, cerco di identificare la mia narrazione centrale e di ingrandirla visivamente, aggiungendo elementi che funzionino bene per far progredire l’inquadratura, stando attento però a non aggiungere spazi morti o distrazioni. Struttura, soggetti ben definiti, equilibrio ponderato e movimento sono probabilmente l’ordine in cui lavoro più spesso.

Come fotografo che esplora e fotografa culture diverse da quelle in cui è cresciuto, come vede la connessione (se la vede) tra gli spazi in cui vivono le persone e la cultura che sorge da questi? Gli uni potrebbero esistere senza l’appoggio dell’altra?
Secondo la mia esperienza personale, se da una parte possiamo essere culturalmente diversi come la notte e il giorno, avere visioni diverse, diverse idee, etc. diamo comunque molto valore alla comunità e accogliamo le persone che hanno interesse a conoscere di più su gli altri o su di noi. La cultura, anche se appare invisibile alle persone che ci vivono dentro, è parte integrante della nostra quotidianità, costantemente in evoluzione e infinitamente affascinante.

In che modo il suo interesse per la cinematografia e l’esposizione attiva ai generi fotografici – viaggi, eventi e produzione – hanno contribuito a formare la sua pratica attuale? Quanto è importante la versatilità negli altri generi fotografici per essere efficaci nella street photography?
Come risultato dei miei studi in cinema tendo a pensare in termini di scene quando sto fotografando. Fotografo scene, non persone e generalmente non mi preoccupo di nessuno in particolare nello scatto. Fare foto a matrimoni o eventi è stato altrettanto di aiuto perché ho imparato a adottare la mentalità di un fotografo documentaristico e a diventare ignorabile per rappresentare momenti belli piuttosto che preoccuparmi di essere invisibile alla scena.

Da dove prende l’ispirazione che informa e plasma il suo occhio fotografico – film, libri, altri fotografi?
Come regista mi piace molto David Lynch. È capace di creare scene sia nel cinema che nella televisione capaci di evocare emozioni in un modo che non avevo mai sperimentato. Tra i fotografi mi è sempre piaciuta l’abilità di Alex Webb, di Trent Parke e di Gregory Crewdon di fare lo stesso che fa Lynch.

Che cosa avrebbe fatto se non avesse scoperto la passione per la fotografia e perché?
Probabilmente girerei film indipendenti come hobby. Mi piaceva già farlo prima che i interessassi alla fotografia e mi piacerebbe farlo di più se avessi tempo illimitato.

Che cosa direbbe a una persona che vuole entrare nel mondo della fotografia? Come dovrebbe approcciarvisi e perché?
Se decidi di farlo come hobby, concentrati sul divertimento creativo. Finché ti diverti veramente nel processo di creazione dell’immagine dall’inizio alla fine il risultato arriverà.
Se lo fai con la prospettiva di una carriera o di un lavoro part time, concentrati sul presentare valori innegabili e un buon servizio, non su quanto guadagni inizialmente. Se riesci a riempire il tuo calendario con clienti che richiedono il tuo lavoro perché sanno che lo svogli bene, non avrai che da trarne vantaggio. È necessario lavorare un po’ “a gratis”, ma in realtà lo stai facendo per guadagnare esperienza.

Dove si vede come fotografo da qui a due anni e che cosa spera che lo spettatore porti con sé dopo aver visto le sue fotografie?
Continuerò a viaggiare come street photographer indipendente per lavorare a progetti personali e ad insegnare durante i workshop in giro per il mondo.
Spero che il mio lavoro di fotografo ispiri le persone ad esplorare culture e luoghi diversi, così come quelli da cui provengono, con una mente e un cuore più aperti. Se qualcuno proviene da una zona che ho deciso di fotografare spero di essere stato capace di catturare l’essenza del luogo in modo che possa elevare il suo senso di orgoglio e apprezzamento della sua meravigliosa cultura.

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